sabato 30 ottobre 2010

MARCO E ANDREA ... I GEMELLI DEL GOL

Oggi è un giorno particolare, è il compleanno di due ragazzi particolari, che ho avuto la fortuna di conoscere e di poter seuire nelle loro vicende calcistiche che li rende unici, proprio perchè gemelli.
Ci ho messo un anno a distinguerli, anzi, ancora adesso quando li vedo con la tuta di ordinanza e magari i numeri invertiti... li confondo senza nessuna speranza.
Eppure, così uguali ma così unici.
Marco più spavaldo, Andrea più riflessivo. Entrambi gentleman, ma nel vero senso della parola. Piccoli Lord, usando una metafora televisiva. Sempre gentili, mai al di sopra delle righe, e anche quando sbagliano molto critici con loro stessi.
Quando purtroppo li vedo sedere in panchina, le loro guance rosse sono il segno della rabbia trattenuta, della voglia di entrare e spaccare il mondo. Quando uno dei due gioca, l'altro è come fosse in campo con lui. Il legame che io percepisco è talmente forte che fa battere il cuore.
E quando giocano....
Andrea e Marco, due giocatori votati all'attacco. Ultimamente Andrea si è adattato al suo vecchio ruolo di centrocampista... perchè quando Andrea gioca a centrocampo è come vedere il manuale del calcio messo in pratica. Tocchi sopraffini, dribbling ubriacanti, traiettorie precise sui piedi del tridente.
Marco invece è più votato al gioco d'attacco, e quando Marco alza la testa nel pieno della sua velocità e disegna traiettorie impossibili con quel pallone, sembra di rivedere gli attaccanti del calcio di un tempo, alla Del Piero, pensando ad un moderno con i piedi veramente buoni!
Queste le sensazioni pensando a loro e scrivendo di getto.
Ma credo che potrei scriverci un libro...
Ma sarei troppo prolissa e allora mi limito a un'unica altra frase.
AUGURI AI MIEI GEMELLI DEL GOL!!!

martedì 26 ottobre 2010

BUBA: CAMPIONE VECCHIO STILE

Ed è arrivato il momento di parlare di un giocatore che ha completamente rapito la mia attenzione.
Lui è Daniele, "Buba", Buzzegoli.
Sabato anche capitano del Varese che si è imposto con un rotondo 4-0 sulla Triestina, che forse abituata al suo pubblico "silenzioso" ha rivissuto l'emozione, in negativo, di giocare in uno stadio caldo come quello di Masnago.
Ma torniamo a lui, il protagonista di questi miei pensieri sparsi.
Dallo scorso anno ne seguo le gesta calcistiche, da quest'anno ho avuto la rara occasione di poterlo vedere all'opera nel backstage, in sala stampa, chiacchierare con educazione e sempre con gentilezza con giornalisti, tifosi, semplici simpatizzanti.
Un campione sul campo, che gioca un calcio di quelli che si vedono poco, ha le movenze dei grandi centrocampisti del passato, un tiro che fulmina i portieri, tutto racchiuso in un fisico asciutto, in uno sguardo che sembra quello di un dispettoso folletto.
Di fronte alle polemiche dopo l'esultanza sul quarto gol, con classe, senza trascendere ha spiegato prima all'allenatore avversario e poi ha ribadito in sala stampa che la gioia era per il loro compagno, Cellini, per il suo gol personale che forse alleggerirà un po' i commenti provenienti a volte dalla stessa tribuna.
Un ragazzo che sembra uscito da un libro del Machiavelli, nulla in contrario se si volesse chiamare "Il Principe", sotto ogni accezione. Con quell'accento, quel modo pacato di parlare, contrapposto all'autorità in campo e ai giochi da funambolo con il pallone, incarna in se le nobili arti dei giocatori del passato.
Ecco, ho scritto finalmente ciò che dovevo e volevo, e ora via, aspettando le prossime partite e gli sviluppi futuri di questa carriera che, Daniele, ti auguro esaltante.
Perchè ne son certa... non sarò l'unica a cui sarai balzato agli occhi!


(Foto: Ezio Macchi)

lunedì 25 ottobre 2010

In costante pre-partita... 1x2

1

Tutto ha inizio con la partita del Varese. In casa con la Triestina. Mister Sannino è in piedi dal fischio d'inizio a dirigere la sua squadra.
Il Varese inizia forte, come in ogni gara. Come ogni volta che mi siedo su quegli spalti, di fronte ad uno stadio che accoglie con il consueto calore i suoi beniamini.
Neto Pereira inizia a disegnare, metaforicamente, i suoi capolavori nell'area avversaria, strappando applausi per un colpo di tacco prezioso per Cellini che di fronte alla difesa schierata ripassa al compagno. Qualche centimetro di troppo nell'ultimo tocco di Neto, perde il contatto con la sfera e va a vuoto la prima vera occasione.
E' il turno di Buba, capitano coraggioso che alza lo sguardo e prova la conclusione da lontano. Fuori di poco. Ma il Varese macina chilometri e guadagna metri preziosi.
Intanto Sannino litiga con la linea dell'area tecnica, incapace di frenare in tempo per evitare di essere ripreso dal quarto uomo, quel Pairetto che del padre ha il cognome e ... non mi spingo oltre.
Solo il Varese, in un monologo infastidente (per chi poi? dieci tifosi che neppure han portato le sagome presenti invece nel proprio stadio)che però sembra essere il preludio di qualche cosa che odora di impresa.
Buzzegoli cerca Cellini, che ancora non sembra aver trovato la convinzione per sbloccarsi davanti alla porta, ma che costruisce gioco e smista palloni ai compagni. Fa il gioco sporco, suona in sordina. Ma il direttore d'orchestra ha l'orecchio buono, non ha bisogno di acuti strampalati, si suona insieme, in equilibrio, per regalare la giusta armonia.
E infatti l'armonia ha il suo acuto al 33' quando Zecchin dalla bandierina pennella un cross al bacio per la testa di Eros Pisano, che schiaccia il pallone in rete e corre esultatnte sotto la curva.
Pochi attimi di distrazione fanno si che la Triestina riesca ad infilarsi tra le strette maglie difensive biancorosse, Zappino è battuto, ma a salvare capra e cavoli (leggi morale e risultato) c'è la traversa.
La ripresa è esaltante, Solo tre minuti a Carrozza sono sufficienti per scagliare un sinistro imprendibile valido per il raddoppio.
Pochi minuti ancora e il capitano mette a segno il terzo gol: istinto e potenza, su passaggio di Cellini, Buzzegoli regala il terzo gol al Varese.
E non è finita qui. La Triestina ormai stordita non ha più gioco e Buba e compagni relaizzano la loro mission: regalare la stessa gioia del gol a Cellini che proprio allo scadere mette a segno la rete del 4-0, finendo in ginocchio, braccia larghe accanto alla porta, sommerso dai suoi compagni.
E Sannino? In panchina a saltare al ritmo della curva, ad alzare le braccia per esaltare i suoi ragazzi, pronto a raccogliere la gioia del Franco Ossola e dei suoi tifosi.


X

Il mio weekend calcistico è appena iniziato. Domenica via con il Verbania.
Piena emergenza per gli uomini di Boldini, privo di ben nove giocatori in uno degli appuntamenti più importanti del campionato.
La trasferta a Settimo, contro una delle squadre più accreditate per questo campionato di Eccellenza.
La mia mattina inizia tragicomicamente, con il grave errore di aver cambiato l'ora con una settimana d'anticipo. Tardissimo dunque per partire con la squadra. Inizia la mia trasferta con gli ultrà.
Credevo di poter leggere, come ogni domenica, i miei quotidiani, per prepararmi al resto della giornata ma.... non è così.
Cori, fette di salme, parmigiano e panini con la frittata si fanno avanti già alle dieci del mattino.
La sosta all'autogrill mi è utile per l'ennesimo caffè... e poi via verso il pranzo, tutti insieme, appassionatamente.
L'arrivo allo stadio è corredato da sorpresa: sembra ci siano problemi per poter entrare con il normale pass da addetta stampa. Ben vengano allora le mie esperienze in B e nella scala del calcio...di fronte all'evidenza mi fanno entrare.
I miei ragazzi sono già sul campo, due chiacchiere con gl iinfortunati (Lorenzo.... mi raccomando mercoledì!!) e poi raggiungo il mio posto accanto al Cobra, che ci radiocronizza come ogni domenica.
Il mio Verbania mi stupisce. Rischiamo anche di vincerla questa partita. Boldini? Ovviamente in piedi, di fronte alla panchina, con alle sue spalle gli ultrà rumorosi e lo scoppio dei petardi. Imperturbabile.
Qualcosa non lo convince, qualcuno lo fa alterare, ma è contento dei suoi calciatori.
Il Verbania non sfrutta due occasioni nette, ma il Settimo barcolla nel primo tempo.
La ripresa è segnata dal pari anche dei legni: Tonati con un tiro ad incrociare che si infrange su quel palo e Minniti che colpisce la traversa.
Ripamonti salva nel finale con un volo plastico da palo a palo.
Un pareggio che per me ha il sapore di vittoria.

2


Stasera c'è Napoli-Milan e.... questo è l'unico risultato di cui vorrei poter già scrivere ora, prevedendo il futuro.
Ma la serata è lunga e la salita perigliosa.
Chissà se tornerò a scrivere su questo post....

domenica 17 ottobre 2010

MI SENTO COME CRUDELI ... "PIPPO!! PIPPO! HA FATTO GOL!! PIPPO MIO!!"

E alla faccia di tutti quelli che ti hanno massacrato, criticato, fischiato. E io lì a non poter dir nulla, a non potermi alzare in piedi per lasciar cadere rovinosamente sulle loro teste fiumi di parole. Perchè il mio ruolo me lo impone...il giusto contegno su quella tribuna che domenica dopo domenica ti stava schiacciando, rubando la linfa vitale, l'energia balistica e la fantasia.
Ma aspettavo questo momento, aspettavo e sapevo che non avrei atteso invano.
E come un raggio di sole, quello che già domenica scorsa aveva squarciato il cielo plumbeo di Baveno, oggi hai illuminato il campo, gli occhi dei tuoi compagni, di noi poveri giornalisti intirizziti dal freddo di una partita che sembrava aver perso l'anima.
Oggi hai ritrovato la tua via, quella che ti porta sotto porta, che ti fa sembrare un gigante di fronte a qualsiasi portiere, di fronte a quella difesa che aveva fatto da diga alle nostre incursioni.
"Pippo, Pippo mio!!" Finalmente ho capito in pieno la gioia di Crudeli in quella tribuna stampa, con le lacrime che rigano le guance e la voce che si distorce per tanta foga.
Due volte mi hai dato questa gioia e a bordo campo volevo esserci anche io. Dopo il bagno di tifosi osannanti mi sono permessa di abbracciare il giocatore che più attendevo in questa pazza, strampalata, inattesa stagione.
Simone "Pippo" Tonati: che gioia ci dai!

lunedì 11 ottobre 2010

E' vinta la battaglia, pensiamo alla guerra.

Eravamo rimasti al “Bentornato Verbania”, quel saluto beneaugurante dopo la partita casalinga contro la Dufour. Ci ritroviamo oggi con un sorriso stupito stampato in viso. Guardare la classifica con quel nome, Verbania, che campeggia in terza posizione, solitario, alle spalle di due delle favorite per la vittoria finale, forse nessuno di noi se lo aspettava.
Vero è che sono passate solo otto giornate, che il campionato è lungo, che tutte le squadre di questo girone sembrano smentire continuamente i pronostici e le statistiche, eccezion fatta per il Gozzano che corre sola e veloce lassù, in testa, a punteggio pieno.
Oggi ci siamo ritrovati allo stadio “Galli”, contro quel Baveno che dalle dichiarazioni del suo presidente, punta a vincere lo scudetto del VCO, vuole arrivare un punto avanti rispetto al Verbania. Contro quel Baveno che schiera Lucia, bomber indiscusso ma è privo di Oliva, una delle vittime del turno infrasettimanale, come Andrea Fernandez d’altronde, che nonostante la lieve entità del danno, sono pochi tre giorni per riprendersi.
Due squadre che arrivano da una vittoria e di certo vorranno ripetersi, per evitare l’altalena di risultati che poi si paga a fine anno.
La partita inizia subito nel migliore dei modi per il Verbania che si porta in vantaggio grazie all’ennesima punizione scodellata dallo specialista Rabozzi in quell’area dove, non si capisce come, Lanza si aggira senza che nessuno se ne preoccupi: e proprio il suo stacco di testa imprime quella traiettoria fastidiosa al pallone che si rende viscido allo sguardo del portiere di casa, Campana, che non può che inarcarsi per guardare la sfera gonfiare la rete.
E lo stadio esplode. Già, siamo al “Galli” di Baveno ma ci si sente un po’ a casa. Sono, ancora una volta, tanti i tifosi biancocerchiati presenti sugli spalti. E sono attenti a ciò che ha scosso gli animi e la cronaca nazionale in questi giorni. Così al minuto di silenzio per la morte dei soldati in Afghanistan si aggiunge uno striscione dedicato a Sarah, l’angelo ucciso dall’orco e volato in cielo troppo presto.
E anche Tonati guarda lassù tra le nuvole ogni volta che prende fiato, perché oggi di chilometri ne ha percorsi tanti, perché sa che oggi uno sguardo in più da quel cielo plumbeo farà filtrare un raggio di sole per illuminargli la via.
Mister Boldini è in piedi, a dettare il ritmo della marcia che segna l’avanzata per conquistare il campo nemico e non si placa. Il Verbania lo segue, Nicolini detta il ritmo e smista palloni. Ci vorrebbe un sensore per contare il numero esatto di passaggi effettuati dal centrocampista verbanese. Di una cosa ho preso nota: i passaggi verso Tiboni. Undici. Che sembrano pochi nell’arco di quasi novanta minuti, ma sono un numero impressionante nell’arco della gara soprattutto se si considera che sono quelli finiti esattamente tra i piedi del giovane attaccante.
Piedi  che dimostrano di saper bene interpretare il gioco del calcio, piedi che vengono sbalzati da terra al 23’ quando per fermarne la corsa insidiosa Di Benedetto non può far altro che placcare l’avversario, un movimento un po’ scomposto forse, che arpiona da dietro il piede d’appoggio di Tiboni che si ritrova rotolante a terra.
Un cartellino si solleva subito dal taccuino nero dell’arbitro: è rosso.
Mister Manzo rimane attonito, il suo difensore allarga le braccia, ma già il gesto di volersi sistemare il calzettone, sguardo a terra, aveva fatto presagire il peggio, quasi fosse una silenziosa ammissione di colpa.
Baveno che dovrà lottare con un uomo in meno, ma che ben reagisce alla sventura, complice un calo nel ritmo del gioco verbanese.
I padroni di casa sistemano l’assetto, complice anche uno stop prolungato perché Nicolini rimasto a terra fatica a rialzarsi.
Tiboni, che vorrebbe lanciare la stoccata finale all’avversario, prende palla e serve Tonati che in corsa si trova a tu per tu con Campana e nella scelta del colpo opta per il tiro rasoterra. Campana però si tuffa e intercetta con il corpo la palla che avrebbe fatto gioire a alzare il dito al cielo, quello stesso cielo plumbeo da cui si intravvede un raggio di sole.
Manca quel gol al “Pippo” verbanese, manca per riprendere un po’ di fiducia, per non sentire più quei noiosi borbottii ma…. come cantò qualcuno “un giocatore si vede dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia” e queste cose Simone “Pippo” Tonati le ha dimostrate e messe al servizio degli altri compagni. Corridore infaticabile, poter contare le molecole di ossigeno trasformate in energia pura, in guizzi per anticipare l’avversario, in passaggi, in tocchi e calci ricevuti, in rientri in difesa, in stacchi di testa per sventare l’assalto, poterle contare non basterebbe un calcolatore di ultima generazione. E chi se ne frega se manca il gol. Come dice qualcuno, è tutto scritto. E prima o poi lo spiraglio di luce illuminerà la porta anche per lui.
Nel finale il Verbania sfrutta tutte le pedine a disposizione sulla scacchiera: i due terzini avanzano spediti, lasciando Lanza e Cagnini a difesa della porta, Nicolini alza il baricentro e lancia Di Iorio che arpiona la palla e serve Marcatti quasi vicino alla linea di fondo. L’attaccante, neo acquisto del Verbania riesce a tenere in campo il pallone e Campana deve superarsi per rincorrere la sfera prima che l’accorrente Tiboni la faccia roteare dietro alle sue spalle. Proprio Marcatti oggi sembra meglio inserito nella manovra offensiva del Verbania, mancano ovviamente gli automatismi che fanno giocare a memoria la squadra, ma i suoi tocchi sono sopraffini. E parlando di prelibatezze, a tempo quasi scaduto Violi strappa l’applauso e il coro degli ultrà per un anticipo da professionista sull’esperto Agazzone che al momento di girarsi  e crossare si trova senza palla tra i piedi: l’espressione del giocatore del Baveno non lascia adito a dubbi: sorpresa nella peggiore delle ipotesi!
Le due squadre devono attendere qualche minuto prima della ripresa, i giocatori sono schierati in campo, ma degli arbitri nemmeno l’ombra.
Ma bastano tre minuti al Baveno per rimettere in parità il risultato.
Lucia è pronto a battere una punizione dal limite dell’area, pronto per la seconda volta a dire il vero, dopo che Rabozzi era uscito anzitempo dai 9,15 metri della barriera.
Al fischio dell’arbitro l’attaccante azzurro disegna una parabola che dopo aver toccato il massimo oltrepassando la barriera si insinua all’incrocio dei pali di Ripamonti che, pur volando, non può raggiungere la sfera.
Galvanizzato dal gol Lucia ci riprova servendo Agazzone che però di testa non impensierisce Ripamonti.
Ma il Verbania non si è di certo rassegnato e Rabozzi non è certo pittore minore e al 53’ pennella una punizione che arriva a Ciavarella che di sinistro insacca il gol del 2-1. Due gol, due difensori. Due gol due calci di punizione di Rabozzi. Due gol, due tocchi maestosi.
E’ arrivato il tempo di Ramalho, Marcatti ancora non ha la partita nelle gambe e gli cede il posto. Grinta e velocità non mancano al nuovo entrato e con Campana fuori dai pali tocca a Accomazzo, in modo quasi rocambolesco, fermare palla e avversario quasi sul palo. Spazio anche a Comandini che rileva l’osannato Tiboni e anch’egli trova il suo spazio, con una bella discesa in fascia in assoluto contropiede solitario che viene conclusa con un tiro parato in due tempi da Campana.
Nel frattempo il Verbania perde Lanza per un brutto fallo di Agazzone su Lanza. Al suo posto Gaballo, che di testa non ha eguali, che si posiziona al fianco di Cagnini, che anticipa La Prova, che disorienta Lucia nel finale, non pago del suo precedente gol.
Un Verbania che gioca meglio fino a che la parità numerica è assicurata, un Verbania che si spezzetta per alcuni momenti della gara, una squadra che però rimane unita anche se non impeccabile. Un allenatore che non si siede in panchina, perché i suoi ragazzi corrono e lui con loro.
Un Verbania solo al terzo posto, su cui nessuno avrebbe scommesso a inizio campionato. Un terzo posto che si sa è provvisorio, ma che carica, che ridona motivazione, che forse farà spegnere le sirene allarmanti attivate dopo la prima giornata. Una squadra che può far bene ma che rimane con i piedi ben piantati per terra, perché questo campionato non fa sconti, perché sono tante le compagini ben armate per arrivare in fondo alla guerra. Questa è la prima battaglia, il conto dei feriti si farà solo alla fine. Quando si saprà chi avrà vinto la guerra.

sabato 9 ottobre 2010

...e le zappate sui piedi!

Questo è un vero e proprio sfogo. Perchè a volte solo quando scrivo poi riesco a calmarmi, anche se credo che questa volta si sia andati troppo oltre.
Mi chiedo perchè certe persone diventino sgradevoli ai punti massimi soprattutto quando, visto la loro pochezza, devono mettersi in mostra come pavoni che fanno la ruota, usando però gli altri per rendersi grandi.
Certe illazioni sul mio conto non mi sono proprio andate giù, sono rimaste di traverso come una spina di pesce che mi impedisce di respirare, ma non di ragionare, per fortuna.
Perchè ringrazio madre natura di avermi dotata di cervello funzionante, che gli anni sui libri credo abbiano reso quanto meno efficiente.
Così non è per quelle persone che insultano la mia professione, la mia professionalità e che si permettono di mettere in piazza giudizi sul mio conto, peraltro non richiesti.
Soprattutto senza che si accorgano che certe parole, pronunciate per farsi belli davanti alla donzella di turno, presto si trasformeranno in una poderosa zappata sui piedi.

mercoledì 6 ottobre 2010

Una virata verso l'incubo

Mi sento in balia delle onde di un oceano in tempesta. Su una nave abbandonata dal suo equipaggio, senza più bussola, senza l'ausilio della tecnologia che dovrebbe aiutare una navigazione ad ampio raggio. Invece stiamo navigando a vista, ma in una coltre nebbiosa che impedisce di vedere l'ostacolo contro cui stiamo per schiantarci.
Il nostro paese sembra ormai andando a picco, così come i nostri sogni, le prospettive per un futuro interessante e capace di accogliere le competenze di chi ha voglia di mettersi in gioco.
Stiamo attraversando una mareggiata troppo potente per i nostri mezzi, soprattutto se rimaniamo divisi.
Di cosa sto parlando?
La riforma universitaria, delirante, lasciata nelle mani di chi forse non sa neppure di cosa si sta parlando. Il mondo del lavoro che ormai dovrebbe cambiare nome: mondo del volontariato obbligato.
Colloqui presso aziende ed enti che offrono soltanto stage gratuiti, che si risentono nel sentirti dire: non mi interessa grazie.
Ma non fa parte dell'intrinseco sognificato del lavoro il fatto che ad una prestazione corrisponda uno stipendio? Forse mi sbaglio, forse la lingua italiana è così complessa che le parole davvero risultano ormai incomprensibili.
La situazione dei ricercatori universitari in questo momento ben rappresenta la realtà del nostro paese: persone che hanno garantito la didattica gratuitamente, per passione, per vocazione a volte. Passione e vocazione però non sono obblighi, anche se qualcuno ormai li vede come tali.
Questo è il vero problema: non si può pretendere il volontariato, altrimenti questo non è più tale.
E come mi disse qualcuno, "a furia di far le cose gratis, poi queste stesse cose diventano pretese a cui è difficile dire di no".
E la navigazione nel mare in tempesta diventa sempre più difficile e anche la virata finale sembra andare verso l'incubo.