domenica 19 dicembre 2010

UNICI

Unici è il titolo del libro che racconta la cavalcata trionfale del Varese di Beppe Sannino. Tre anni (e oltre) sviscerati dalla deliziosa penna di Filippo Brusa che coglie anche le sfumature più nascoste di questa squadra, di questo gruppo di "minatori" che ha scalato tre categorie e che ora si assesta in piena zona play off meritandosi il titolo di squadra rivelazione del campionato di serie B.
Ma è davvero un risultato così inatteso? E' dovuto ad una concomitante serie di eventi positivi o semplicemente è il frutto del lavoro di un allenatore grande quanto umile, sensibile quanto esigente, unico davvero nel suo genere?
Io credo di poter supportare con forza la seconda ipotesi, perchè credo che il lavoro prima o poi porti i frutti sperati.
Solo quest'anno, grazie ad una serie di "fortunate" coincidenze(grazie Felice!!) riesco a seguire più da vicino la realtà biancorossa. Prima ne leggevo le gesta, cercavo di carpire dalle parole degli amici e dei colleghi le emozioni che solo ora posso provare anche io di fronte a questa magica squadra.
Soltanto conoscendo un po' più a fondo l'uomo simbolo (per chi scrive almeno!) di questa metamorfosi posso capire come, da un baco possa nascere una colorata farfalla.
Beppe l'ho conosciuto personalmente solo quest'anno, ospite dello stadio per cui cerco di curare al meglio la comunicazione.
E dopo averlo visto in qualche intervista, dopo averne lette le dichiarazioni sui giornali, dopo averne ascoltate le parole riportate da chi l'ha seguito fin dai primi passi come mister della squadra della città giardino, mi sono resa conto, senza ombra di dubbio, di avere di fronte un grande uomo e un grande tecnico.
Poche le parole scambiate quel giorno, ma molte altre nei giorni seguenti hanno disvelato il carattere forte e deciso di quest'uomo incredibile.
Dovessi collocarlo all'interno del panorama calcistico mondiale potrei vedere in lui la sintesi della tecnica tutta sacchiana nei metodi, della comunicazione che ha reso grande Mourinho di fronte ai media e di quel rapporto familiare che spesso ho visto in Carlo Ancelotti, quel modo inimitabile di porsi con i giocatori, quel rapporto schietto con chiunque si trovi a poter parlare con lui.
Un uomo con valori veri, con sentimenti talmente forti e limpidi che diventa difficile non seguire in ogni sua mossa.
Un motivo ci sarà se parlare di Beppe Sannino equivale a sviscerare emozioni pure.
Affetto, attaccamento, dedizione al lavoro, attenzione ai dettagli, ma soprattutto attenzione al cuore delle persone che lui sembra avere il potere di far palpitare sempre più forte. Beppe riesce a dare la motivazione giusta ai suoi ragazzi, Beppe è l'idolo delle curve, l'uomo che qualsiasi telecamera vorrebbe poter avere di fronte.
E lui rimane in disparte, per lasciare la scena ai suoi ragazzi, quelli che passo dopo passo hanno ricamato sulle loro maglie il loro nome. Quelli che contro tutto e tutti, contro le statistiche, le critiche, le difficoltà sono rimasti in piedi credendo di poter emergere sempre grazie al loro costante e ininterrotto lavoro.
Sono emozionalmente coinvolta, ormai, parlando del Varese. Quello stadio lo sento un po' mio anche se sono e rimango quasi un'estranea. Eppure ogni sabato su quegli spalti, come me ci sono sempre più persone, pronte ad urlare di gioia o a trattenere le lacrime dall'emozione quando quei ragazzi UNICI calcano il campo.
Una favola, quella biancorossa, che sembra non voler mai finire, una favola che io per prima vorrei poter scrivere giornata dopo giornata per poi concluderla con un lieto fine.
Un calcio che ancora regala emozione, al di là dei riflettori. Giocatori che ormai sono riconoscibili ma che ancora si soffermano sui rapporti veri.
Perchè anche questo è Varese, un rapporto intimo tra squadra e tifosi.
Come Buba, pardon, Buzzegoli, che a fine partita entra a salutare tutti per poi partire per le meritate vacanze, con quell'umiltà che vedi nei gesti e quella semplicità che brilla nei suoi occhi.
Questo è il miracolo del Varese, il gruppo che sempre più sembra una grande famiglia, dove chi cade sa che ci sarà una mano tesa pronta a risollevarlo.
Sono innamorata di questa realtà, sono commossa nel vedere che i valori del calcio in cui credo esistono ancora.
Mi sento fortunata nel partecipare, anche se in disparte, a questa stagione e vorrei che tanti altri riuscissero a vedere oltre il mero risultato, a vedere oltre la notorietà che sta lentamente investendo questa "famiglia" perchè solo così si rimane UNICI.

(foto da http://www.varesenews.it/)

lunedì 6 dicembre 2010

ARRIVEDERCI GABA!

Dieci anni con quella stessa maglia, quasi ti fosse stata cucita addosso. Tanto che ti chiamano tutti “Sindaco”.
Una bandiera di questa società che però ultimamente non era troppo esposta al vento.
Dieci anni… io non ero ancora qui ma su quel traghetto vedevo sempre un ragazzo altissimo, con quel borsone enorme attraversare il lago. Prima da lontano, poi qualche parola scambiata e poi qui, in questo Verbania che anche tu hai trascinato in Eccellenza e di cui hai vissuto gli anni più bui.
Un ragazzo educato, un giocatore corretto, l’idolo della curva e della tribuna, per la tua abnegazione, per il tuo impegno costante senza mai eccessi.
E hai stretto i denti in quest’ultimo anno, hai lottato contro il dolore, hai giocato con il dolore, sempre con quella mano sul cuore che un po’ biancocerchiato ormai lo è. E quando hai sollevato quella coppa, altissima, quasi a volerla inserire nella volta celeste, l’emozione che ho provato in quel momento è stata indescrivibile.
Ora è tempo di cambiamenti e saluti. La tua decisione la rispetto, ma questo non vuol dire che mi mancherai di meno. Non si può sgomitare sempre, anche quando ci si rende conto che le possibilità di arrivare a destinazione sono esigue. Allora è meglio proseguire il proprio viaggio cambiando rotta, anche se costa fatica, anche se provoca dolore.
Caro Gaba, io ti auguro di riuscire a far esplodere altri stadi come solo tu sei riuscito a fare qui a Verbania. Un giocatore come te diventa l’idolo delle folle per la semplicità con cui ti poni nei loro confronti.
Un giocatore come te diventa fondamentale per un allenatore perché sei ligio al dovere e pronto al sacrificio.
Mi mancherà il sentirmi un puntino insignificante di fianco a te, mi  mancheranno gli sfottò leggendo la Gazzetta (quest’anno era l’anno giusto mannaggia!!), ma soprattutto mi mancheranno le tue giocate in campo, un mix tra Materazzi  e Lucio, grinta e classe.
Io non posso ancora crederci, ma per me non è un addio.
Un pezzo del mio cuore sarà là con te e con quell’altro pezzo di cuore che fa meraviglie in quella squadra.
E poi … c’è sempre quel traghetto, dove, arrivando trafelata dagli scalini della stazione, vedrò quel ragazzo altissimo, con un borsone, di colore diverso, attraversare un lago per andare a giocare a calcio.
Quel ragazzo che è diventato uomo, che avrà altre storie da raccontare.
E ci saranno parole forse in quel viaggio, ma non ce ne sono altre per descrivere il mio dispiacere.

venerdì 3 dicembre 2010

Un calcio al mercato!

Io non mi abituerò mai a questo periodo del calcio.
Il mercato.
Lo so, lo so, fa parte del gioco, certo. Finchè lo si vive da fuori, da corrispondente, tutto sembra frenetico e tutto assume una luce diversa.
C'è la corsa alla notizia, la gara a chi per primo intuisce e soprattutto intercetta i piani dei dirigenti.
In questo periodo sembra che anche i muri abbiano orecchie.
Bene.
Ora la vivo da addetto stampa e ... non è così divertente.
Vedere giocatori a cui ti affezioni lasciare il campo per l'ultima volta, mi spezza il cuore.
Dovrei riuscire ad essere anaffettiva: bene, non ce la faccio e il mio cuore si sta rompendo in piccoli pezzi.
Certo, poi ci sono i giocatori nuovi, a cui però anche se non vorrei, mi affezionerò e per cui lotterò come ho sempre fatto con chiunque.
Bene, questo mestiere l'ho scelto io.
Però, cosa devo farci, io ci sto male.
Un abbraccio ai miei giocatori che da domani non vedrò più scorazzare su quel prato verde, augurando loro di poter correre su altri campi, magari anche più importanti del nostro.

mercoledì 1 dicembre 2010

Nevica, fuori è tutto bianco, ogni rumore è attutito dalla coltre bianca che sembra mettere dei tappi alle nostre orecchie. La vista si perde su questa distesa bianca, e i pensieri si lasciano cullare dalle dolci note di un vecchio disco di Frank Sinatra che con questo tempo è l'ideale.
Ho passato due settimane intense, ne sono uscita con le ossa rotte sotto certi aspetti. Un esame dato in condizioni estreme, con mille pensieri in questa testa che per fortuna non cede, almeno lei.
Tempo di cambiamenti, in lenta evoluzione, ma cambiamenti. Notizie che mi hanno rallegrata e fatta sentire importante, altre situazioni che mi hanno delusa facendomi tornare con i piedi ben piantati per terra, anzi, con il cuore ben ancorato alla realtà e non al sogno.
Troppe volte mi rendo conto che esisto solo nel momento del bisogno, poi attorno a me il silenzio.
Come in questa giornata nevosa, bianca, coi rumori attutiti e le emozioni rinchiuse e legate alle note che sto ascoltando.