mercoledì 26 dicembre 2012

Non credevo così forte....

Non pensavo potesse accadere ancora, non credevo potesse essere così forte. Mi sconvolge vedere quelle immagini e scoppiare in lacrime, ancora, sempre nello stesso punto, come se l'emozione non potesse essere trattenuta. In così poco tempo non me lo aspettavo proprio. E sono consapevole di quanto utopistico sia tutto questo.... ma non riesco a trattenere l'emozione.
No, non credevo così forte....

martedì 25 dicembre 2012

Buon Natale!

Che strana sensazione. Come se davvero da un momento all'altro qualcuno potesse apparire qui, di fronte al fuoco, a lasciare sotto un albero acceso di luci i suoi doni. Mi viene da sorridere al pensiero perchè questa volta il mio Babbo Natale è passato in anticipo. Sono passati quasi quattro mesi.... eh già, ma mi sembra ieri. Quando la mia vita ha iniziato a cambiare, quando io ho iniziato un percorso di cambiamento interiore, dovuto al mutamento morfologico dei miei tratti. 
Difficile, non impossibile, ma davvero un percorso che assomiglia ad un'impresa e che ancora non si è concluso.
Un drastico giro di boa, che ha interessato molti ambiti della mia vita. Le amicizie, gli affetti più profondi, i ricordi. Già. Perchè se mi guardo allo specchio fatico a riconoscere la persona che ero e anche guardando la mia anima riflessa, trovo grandi mutamenti.
L'equilibrio distrutto va pian piano ricomponendosi. Questo grazie soprattutto agli affetti veri che mi circondano. Vecchi e nuovi. Anzi, alcuni proprio nuovissimi, ma talmente profondi da aver sconvolto, letteralmente, ogni mio pensiero.
Ed è ai coautori della mia nuova me stessa che voglio augurare di poter trovare, tra i colorati pacchi dono sotto l'albero, tutto l'affetto che mi hanno donato incondizionatamente.
Buon Natale tesori miei. Buon Natale a tutti voi.

lunedì 17 dicembre 2012

Nebbia sui pensieri

Quando la nebbia si alza e rende tutto più nitido, allora anche uno spicchio di luna rovesciata, quasi a voler toccare con le estremità appuntite, il punto più alto dell'universo, allora anche quello diventa spettacolo puro, perchè appare, dal nulla e ti sorprende. Le luci che fino a poco prima sembravano mostrarti un sentiero immaginario verso il sogno, diventano improvvisamente ciò che sono: lampadine fin troppo forti da stagliarsi con dolore sulla retina. Ti costringono a rallentare, ad allontanarle, a renderle solo bagliori innocui nella notte. Forse per non tornare così bruscamente alla realtà, forse solo per cullarsi ancora, per qualche attimo, in quei pensieri così profondamente radicati nell'anima. Quelle emozioni si sommano, quelle immagini si asciugano sulla tela dell'anima, fino a non poterle più cancellare. E sono lì,a ricordarti ciò che hai provato e ciò che tanto sai svanirà nelle tenebre. La luna ormai è svanita dietro l'ombra della montagna più alta, la nebbia è tornata bassa, pesante, scura. Non ci sono più luci ad indicare la via, non ci sono più nemmeno bagliori da cui allontanarsi. La notte ha invaso anche i pensieri, che ora cercano, solamente, di poter svanire.

venerdì 7 dicembre 2012

Sbocciano ..... i fiori sbocciano

Ci sono notizie che ti lasciano senza respiro. Perchè te le aspetti, ma non pensi mai che possano regalarti tanta emozione. E' come se l'intera vita assumesse contorni sbiaditi, come se delle lenti rosa facessero da filtro ad ogni attimo vissuto. Il sorriso che ormai ho ritrovato ha un motivo in più per essere manifesto. Già..si sta per chiudere un anno importante. Per me soprattutto. Già...questo sano egocentrismo di cui ho imparato a dotarmi per scansare dalla mia vita le zavorre. Brutto da dire, vero? Eppure è proprio così. Piano piano, per librarsi leggeri nell'aria, c'è bisogno di tagliare con il passato, con il presente, con le aspettative future. Sembrano tanti piccoli sacchi di sabbia, umidi di lacrime, quelle nere ombre che stanno cadendo verso terra, mentre io mi libero in volo.
Mi hanno dato delle ali forti, che fino a ieri erano legate con corde fin troppo strette. La mia vita ora sarà rallegrata da nuovi respiri, da nuovi battiti di cuore. Mi sento viva, dopo anni è la prima volta che capisco quali sono i pilastri del mio essere.
Cercando di te... comincia da qui!

mercoledì 5 dicembre 2012

La teoria del caos



Può un battito d'ali di farfalla scatenare un tornado in Texas? Ecco come ci si approccia alla teoria del caos.Secondo alcuni scienziati, infatti, un minimo cambiamento nelle condizioni iniziali in un sistema non lineare, provoca il raggiungimento di conclusioni molto diverse da quelle attese.

Quel battito d'ali di farfalla a volte è in grado di provocare una reazione a catena che, come tale, diventa inarrestabile. E l'energia sprigionata da questa reazione diventa necessaria per riuscire a sopravvivere, diventa ispirazione pura, diventa quasi materia da quanto prepotentemente spinge sul cuore. Provoca dipendenza, crisi di astinenza vere e proprie, allucinazioni derivanti da deliri onirici che ben si confondono con la cruda realtà. Quel battito d'ali ha dato vita ad un essere leggiadro, che sorvola il mondo come se non ne facesse più parte, come se l'etereo universo circostante non potesse contenere se non la minima parte materiale di quella metamorfosi così importante. Perchè lo spirito leggero ormai osserva tutto dal punto più alto di quel volo, risultato ultimo di un processo ormai giunto alla sua definitiva realizzazione.

lunedì 26 novembre 2012

ONLY YOU ...

Solo te, già... nel bene e nel male. Caro Milan io lo sapevo che mi avresti dato questa gioia. Lo sapevo perchè forte delle mie convinzioni: era una partita a sè. Quello che vorrei accadesse è vedere gli stessi undici in campo con quella fame, con quella consapevolezza, con quella sfrontatezza con cui sono scesi in uno stadio quasi esaurito, cornice unica ad una partita che forse può segnare un nuovo inizio. Perchè il Milan ha giocato da squadra, ha annullato un avversario che forse, per stessa glissata ammissione degli stessi protagonisti, era sceso sul campo convinto di poter mantenere la supremazia territoriale per tutti e novanta i minuti, forte della consolidata posizione in classifica.
Sottovalutare un avversario non porta mai al risultato ipotizzato, perchè non si calcolano le probabilità che qualche cosa vada storto, non si calcolano gli imprevisti, dando per scontato che non ci siano.
Il Milan ha giocato con intensità estrema una gara che ha visto sicuramente la Juventus sulle gambe e di certo ha sfruttato male le molte occasioni create. Infatti la vittoria avviene grazie ad un contestato rigore assegnato ai piedi di Robinho che dal dischetto mette in rete una palla che Buffon aveva toccato. Un rigore che magicamente annulla le polemiche derivanti dal non-gol di Muntari, che fece scalpore nella sfida precedente. Ma siamo onesti, clamore non se ne è fatto più di tanto solo perchè le due squadre hanno un divario incredibile in classifica e solo perchè il rigore sottolinea e premia la miglior gestione della gara da parte del Milan. Altrimenti non saremmo qui a commentare con toni pacati una gara che, di fatto, fa più contento l'animo dei rossoneri che non dispiaciuto l'ambiente Juve.
Ora la speranza è di poter tornare a parlare con toni epici non solo della cavalcata europea, che a dire il vero appare più un trotto, ma anche delle prestazioni rossonere in campionato.
Il Presidente tornerà a Milanello altre volte? Ieri sera la presenza di Van Basten ha consacrato la partita al suo nascere, le immagini che passavano sui maxischermi hanno riportato alla memoria quel giro di campo, con quella giacca in renna, camicia rosa e sguardo commosso, che ha di fatto sancito l'addio al calcio giocato di uno dei più talentuosi calciatori mondiali. Marco Van Basten era lì, in quella tribuna che mille volte l'ha applaudito, ad applaudire ed incoraggiare i nuovi talenti rossoneri. E su tutti vorrei spendere parole di elogio per El Shaarawy. il ragazzo è diventato uomo, il calciatore che aveva colpito per la sua cresta ora colpisce per i suoi colpi, per il carattere, per come si carica la squadra sulle spalle, per come lotta su tutte le zolle del campo. Qualcuno l'ha visto chiudere sulla linea di porta le azioni juventine per poi partire verso cavalcate trionfali? Quel ragazzo incarna il messaggio che il Milan deve saper cogliere: il talento da solo non basta, ci vuole spirito di sacrificio, abnegazione, bava alla bocca e fame atavica di gol e storia. Il Milan a questo ci avea abituati e solo per questo saremo fedeli, nel bene e nel male, ai nostri colori.

mercoledì 31 ottobre 2012

Alla ricerca dell'anima...

La notte allo stadio "Ossola" per la sfida contro il Vicenza è fredda. Nemmeno in tribuna stampa riesco a trovare quel tepore che di solito avvolge chiunque la frequenti. E' cambiato molto dallo scorso anno, sono cambiati gli interpreti del gioco, è cambiato il direttore d'orchestra, i tempi e i modi di esecuzione delle melodie.
Sono cambiati anche degli equilibri, dei rituali... i narratori delle vicende biancorosse hanno perso un grande interprete, ma come cantava una leggenda della musica: the show must go on.
Ed eccomi qui, seduta sullo sgabello più alto per cercare di decifrare le dinamiche di questo Varese.
Sapevo che avrei visto campioni in campo, lo ha dimostrato Giulio con quel gol che ha vinto anche il sondaggio di una nota tv sportiva. Ma senza l'intuizione di Corti, che lancia lo smarcato Eusepi in area, senza la generosità dell'attaccante varesino che scocca il passaggio a mezza altezza, pronto per essere colpito a rete, saremmo qui a parlare d'altro. Un pareggio che mette in evidenza i vistosi limiti della squadra rispetto alla scorsa stagione. E non è certo colpa di Castori, che in sala stampa sembrava avesse lo sguardo atterrito, quasi pronto alla fucilazione in diretta. Che cosa può farci se non ci sono più i campioni dello scorso anno a garantire la riuscita dell'equilibrio tattico? Cosa può fare se non continuare a lavorare in attesa che la squadra sia pronta a produrre solo risultati positivi?
"Ansia da vittoria mancante" queste più o meno le parole di Eusepi che ha fatto capire quanta agitazione circoli nelle vene dei biancorossi locali ogni volta che scendono in campo.
 
E cambiando serie, ma in contemporanea, ecco l'ansia da prestazione dettata dallo stravolgimento della squadra di Allegri. Una formazione, quella rossonera, che non solo cerca un'anima, ma forse non si rende conto nemmeno di averla. Guizzi isolati, affidati ai piedi di un campione in erba che, forse, riesce ancora a giocare divertendosi, pur con impegno e professionalità, ma conscio di dover ancora dimostrare molto. A lui sembrano affidate le sorti di questa stagione, perchè gli altri interpreti sembrano essere già zombie pronti per Halloween. In primis Pato, che con gli occhi del mondo rossonero addosso ha regalato solo prestazioni impalpabili e degne di qualche partitella tra amici nel dopo lavoro. Eppure lui campione lo è, deve solo ritrovarsi, ma qualcuno dovrebbe essere in grado di mostrargli la via.
 
E prorio il direttore d'orchestra è ciò che fa la differenza in altre situazioni. Lo Stresa è stato artefice di prove altalenanti dall'inizio del campionato, eppure mister Foti non ha mai voluto stravolgere il suo credo calcistico. Ha fatto lavorare la squadra fino all'apoteosi della prestazione di domenica scorsa. Gli addetti ai lavori presenti sugli spalti del "Forlano" hanno definito la partita come da manuale del calcio. I miei ragazzi han vinto, hanno giocato finalmente a testa alta, a velocità impressionante. Hanno ritrovato la vittoria che farà da benzina ad un motore già caldo per la prossima sfida.
 
E lo stesso succede in casa Fulgor. L'assenza improvvisa del top player, del leader in campo della squadra aveva sconvolto non solo gli animi, ma anche gli schemi. Il tempo e un coach preparato sono stati la medicina per rivedere gli scambi vincenti in campo. I giocatori che si sono ritrovati il fardello sulle spalle stanno dividendosi l'onere, il gruppo si sta riformando, gli equilibri si stanno stabilizzando sperando di ritrovare l'onore. Ed è arrivata la vittoria che scaccia qualsiasi fantasma. I ragazzi sono in viaggio, l'appuntamento con l'avversario li attende, inesorabile.
 
Si dia tempo al tempo, l'anima è complessa e non sempre si svela a chiunque, ma quando lo fa diventa forza dirompente, impossibile da controllare poichè tende alla perfezione. E la perfezione è ciò a cui tutti tendiamo, inesorabilmente, per tutta la vita. Ma non tutti, purtroppo saremo premiati.

martedì 16 ottobre 2012

E' TUTTO SCRITTO?

Spesso mi chiedo se siamo noi gli artefici del nostro destino. Ci sono eventi in questa vita che ti fanno maledire il solo fatto di starli a guardare, di essere testimone impotente del loro evolversi, del loro accadere. Perchè il destino tessuto dalle Parche sembra essere scritto per ognuno di noi, che pur cerchiamo di barcamenarci in questa nostra vita nella convinzione di poter essere attori protagonisti e registi, al contempo, degli eventi. Nulla di tutto questo purtroppo. Il destino sceglie per noi le avventure che si profileranno nel nostro futuro, il destino sceglie la possibilità di darci un futuro. E insieme a questa convinzione subentra la paura di perdere il momento, di non poterlo cogliere , di non averlo colto nell'attimo stesso in cui questo si è creato. Quando un'emozione ti lega a qualcuno indissolubilmente, l'idea di poter perdere quell'empatia, quel legame magari labile, flebile, ti distrugge. Allora speri che il fuso su cui stanno lavorando quelle tessitrici quasi infernali stia costruendo una trama ancora lunga, un filo sottile ma continuo, tendente all'infinito.

giovedì 11 ottobre 2012

Il rigore di chi decreta un rigore


“Nino non aver paura di tirare un calcio di rigore…” così cantava De Gregori nella famosa “La leva calcistica del ‘68”. Già, quel calcio dagli undici metri che può far esultare o disperare. Domenica allo Stresa è stato fatale. Senza tornare sulle parole già spese per raccontare le malefatte in giacchetta nera, mi soffermo ora sull’analisi di una sconfitta tanto bruciante quanto mai inattesa. La formazione di mister Foti ha forse disputato la sua miglior partita dall’inizio della stagione. Una squadra che sta ritrovando la propria anima, i meccanismi a memoria, le giocate che sanno illuminare. Cambiano molti degli interpreti che eravamo soliti applaudire, ecco che dunque ci vuole tempo.

I giocatori devono capire gli schemi, devono capire cosa chiede loro il mister e l’allenatore deve in modo altrettanto difficoltoso stravolgere dei meccanismi assodati, affidasi ad altri piedi, ad altre menti, ad altri cuori per mettere in pratica il proprio calcio. Nell’amichevole del “Piola” contro il Novara mister Tesser ha fatto complimenti pubblici al nostro allenatore e ai ragazzi per il gioco espresso. E Foti aveva commentato in modo laconico ma quanto mai azzeccato: “Per giocare a calcio, bisogna essere due squadre che giocano a calcio”. In effetti lo Stresa è caduto contro il Castelletto, che per ammissione stessa del proprio tecnico, ha giocato da provinciale, liberando e spazzando a volte l’area dai palloni insidiosi. E la sconfitta contro il Varallo è figlia dello stesso cliché. La squadra di Zanardi non ha brillato per costruzione di gioco, ma ha sfruttato i giocatori di esperienza in ogni reparto, affidandosi ai colpi di genio di ognuno di loro. Schirato in difesa ha strattonato continuamente l’avversario, bloccandone le movenze. Danini sovrastava chiunque anche in attacco sui palloni alti, Agazzone assicurava il filtro a centrocampo e le ripartenze. Un pericolo anche su calcio piazzato, il biondo centrocampista non si è mai tirato indietro, ma sulla traiettoria disegnata a pennellate forti dei suoi tiri, Barantani ha sempre risposto con movenze da campione. Andreolli e Tonati non hanno bisogno di presentazioni. Bomber di razza pura che però non hanno potuto sfruttare molti passaggi vincenti. Andreolli che tenta il pallonetto è forse una delle azioni più pregevoli confezionate dall’attaccante di casa.

Lo Stresa dunque, nonostante una prestazione di buona fattura si è trovata a leccarsi le ferite mentre faceva i conti in classifica.  Ma non solo. La beffa, oltre al danno, si è concretizzata nella lettura del comunicato ufficiale relativo alla gara appena disputata. Foti salterà tutte le gare in programma fino al 9 novembre. La motivazione è la parte più triste di tutta questa faccenda: “ al termine della gara, dall’interno dello spogliatoio della squadra rivolgeva a gran voce ripetute offese alla terna arbitrale”. Quindi si evince che il direttore di gara, attraverso un muro abbia riconosciuto in modo certo la tonalità di voce, nel caos, dell’allenatore stresiano nell’unico loro incontro in questo campionato. Capacità da Guinnes World Record, forse Mammuccari potrebbe ingaggiarlo per qualche puntata il giovedì sera.

Sconvolgente epilogo di una gara che già aveva lasciato ampi margini di commento. Ora tutto ci fa pensare che le società siano in balìa di persone che, a seconda dell’umore, possono scrivere qualsiasi cosa su un pezzo di carta, perché tanto il loro giudizio è inappellabile. Anche qui decade la norma “innocente fino a prova contraria”, visto che la prova del reato qui non sussiste, ma viene comminata una pena all’imputato già in manette prima ancora di qualsiasi sentenza.

lunedì 1 ottobre 2012

COMINCIA DA QUI

Mi guardo allo specchio. Osservo i miei nuovi lineamenti come se stessi guardando l'immagine riflessa di un'altra persona. Le mie dita sfiorano la pelle, ma nemmeno questo serve ad avere la certezza tangibile che quell'immagine riflessa sia proprio la mia. E vivo come se fossi sospesa in un limbo, in attesa dell'evento che possa cambiare il mio stato. Ogni giorno un piccolo cambiamento, qualcosa da osservare con cautela, per fissarlo nella memoria. Ogni giorno una piccola conquista, perchè anche le cose banali, scontate, monotone, assumono un valore diverso quando non le puoi più gestire autonomamente.
Il cammino che mi ha portato fino a qui è stato tortuoso, ma non ho avuto quella paura che credevo mi segnasse. Merito di chi ha capito la mia ansia, merito di chi ha avuto uno sguardo benevolo dei confronti della mia persona, merito di chi ha acconsentito a quelle richieste che potevano sembrare solo capricci.
Mi ricordo il viaggio verso la sala operatoria, in uno stato di assoluta pace interiore, mi ricordo il risveglio costellato da brividi e sussulti, da quel senso di stretta mortale e dolore improvviso che ha invaso il mio volto. Ma una volta tornata sotto lo sguardo amorevole dei miei cari, tutto piano piano è svanito.
Ora devo riprendere pieno possesso della mia vita, della mia forza, della mia volontà. Il mio aspetto è cambiato e forse ha cambiato anche parte del mio carattere, chi mi descrive come una persona più dolce e forse fragile, non si faccia ingannare dal mio volto. E' la poca energia che non mi consente di aggredire la vita come ho sempre fatto. Però questa attenzione verso di me è commovente, ho smesso forse i panni della donna di ferro per vestire le sembianze di una figura più avvicinabile.
Si comincia da qui, come fosse il primo giorno, come se ogni obiettivo fosse ancora da conquistare. Sono pronta a partire per questo ennesimo, nuovo, interessante viaggio.

sabato 11 agosto 2012

UN PASSO NEL VUOTO

Se ognuno dei desideri espressi sulla scia luminosa delle stelle cadenti si avverasse.... bè finalmente potrei descrivermi come una persona appagata, felice e realizzata. Ma siamo noi stessi a determinare le trame del nostro destino,o le Parche con la loro tela a guidarne il percorso passo passo, mediante cadute, salti nel vuoto e passi all'indietro?
Già. Passi all'indietro. Perchè in questo momento invece che andare avanti verso un obiettivo, mi sembr di dover iniziare nuovamente tutto da capo. Saranno i pensieri che affollano la mia mente, le ore passate con gli occhi sbarrati nella notte a riflettere su ciò che sarà di me domani o semplicemente a cercare di capire perchè la mente viaggia ad una velocità tanto forsennata e pericolosa da non riuscire a fermarne i cattivi pensieri.
Sono nuovamente ad un bivio, o forse no, semplicemente sull'orlo di una spaccatura. C'è un ponticello fatto di corde da attraversare, sospeso nel nulla. Pochi passi alla volta, mantenendosi in equilibrio. Ecco il segreto per attraversarlo indenni. Eppure non è così facile.
L'altra sponda del crepaccio è florida, colorata, attraente. Ed è di là che devo arrivare. Ma il quasi salto nel buio, ancora una volta mi spaventa.
Di ostacoli superati ne ho la collezione, di obiettivi raggiunti posso snocciolarne molti, alcuni dei quali impensabili o solo sognabili, se mi è consentito dirlo.
Eppure non è ancora arrivato quello giusto, l'obiettivo che cambia la vita, la situazione che trasforma in modo irreversibile il nostro essere. Evidentemente le Parche che hanno disegnato la scena della mia tela hanno deciso così, hanno predisposto un tortuoso cammino in salita con tanto di salto nel buio prima di farmi riprendere fiato per affrontare in scioltezza la discesa.
Già. La discesa. Ci vuole equilibrioi e sangue freddo anche in quel caso, perchè affrontarla di corsa a perdifiato potrebbe risultare ancor più letale del percorso fatto fin qui.

sabato 14 luglio 2012

C'è tifo e tifo...

"Si tifa per la maglia, non per un giocatore". Ecco la frase più gettonata di oggi. Ricondurla all'addio di Thiago Silva, ceduto al PSG è fin troppo semplice. Certo, questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ne sono consapevole, ma non mi riferisco solo a questo singolo caso.
Io sono una tifosa atipica: sapete, mi emoziono ancora. E non sono necessariamente i colori di una maglia o la storia della società a farmi sorridere delle vittorie e disperare nelle sconfitte. La maggior parte delle cose che mi colpiscono derivano da chi quelle maglie le indossa. Non mi emoziona la storia ultracentenaria, ma magari la singola azione, un sorriso rubato, una battuta. Mi ricordo come fosse ieri la mia prima visita a Milanello da inviata, con quella macchina che si ferma mentre indietreggio sul ciglio della strada e quel sorriso, quelle poche banali parole che però mi fanno sentire a casa. Esattamente come ricordo quelle lacrime amare il giorno in cui ho lasciato una squadra che mi aveva regalato emozioni, le stesse lacrime versate alla dedica del gol il giorno del mio compleanno. E allo stesso modo quegli occhi così limpidi che tradiscono l'emozione di parole che a qualcuno possono sembrare dure perchè sembrano voltare le spalle alla storia. Vogliamo parlare di quell'addio straziante nella sala stampa della scala del calcio? Solo chi mi era accanto ha potuto capire il mio dolore, solo chi ha conosciuto la mia storia ha potuto capire appieno il senso di quei singhiozzi. Quest'anno è stato straziante per molti aspetti, ho dovuto salutare persone che mi hanno regalato tanto personalmente, prima che sul campo. Io sono fatta così, prendere o lasciare. E ringrazio il cielonell'avere un cuore che ancora si emoziona di fronte a piccole cose, perchè se anche magari non mi porterà nell'olimpo della mia professione, mi consentirà di ricordare con affetto delle persone con cui ho condiviso gioie e dolori. Per questo ti dico: a prescindere dalla maglia che vestirai, io tifo per te. E non necessariamente sto parlando di Thiago Silva.

sabato 7 luglio 2012

IO SO DI NON SAPERE

Io so di non sapere. Sono molto Socratica in questo e non me ne vergogno. E' una conquista assoluta invece avere la consapevolezza dei propri limiti, avere la certezza che di un'idea esistono almeno mille interpretazioni. Questo mi permette di rapportarmi con il mondo avendo la lucidità di accorgermi che ognuno lo guarda con le proprie lenti colorate. Per questo mi piace ascoltare, per questo mi piace confrontarmi. Ma questo non significa che io cambierò per forza la mia idea, non vuol dire chinare la testa di fronte alle opinioni altrui credendole migliori.

sabato 5 maggio 2012

Ho perso le parole!

Attenti, determinati, precisi nell'esecuzione. Un gruppo che lavora all'unisono con gli occhi fermi su quel pallone a spicchi, con le orecchie tese alle parole di un coach che strappa da ognuno anche la più piccola motivazione e la mette a disposizione dei compagni. Nervi saldi, gambe che spingono per far spiccare il volo. Un coach a bordocampo e uno direttamente sul parquet. Un gruppo eterogeneo che però si muove compatto. I più esperti che accompagnano passo passo i movimenti dei giovani compagni, voci che si levano solo per incoraggiare, sorrisi ad ogni punto, ad ogni azione ben orchestrata. E sulla panchina il patron, che osserva sorridente, ancora incredulo forse per così tanti successi, per così tante emozioni regalate in questa stagione. E con lui l'artefice di molte scelte tecniche, in un silenzio quasi maniacale, perchè solo una vibrazione potrebbe distogliere l'attenzione dei ragazzi a canestro. Questa squadra è una macchina costruita per vincere, non ci sono dubbi. Le caratteristiche tecniche ci sono e l'arma in più è ciò che si osserva quando i palloni si fermano. Un gruppo anche fuori dal campo, un coach che diventa comagno d'avventura anche con le gambe sotto al tavolo. Una realtà da preservare, da mostrare come esempio di sport sano, puro e semplice. Un esempio di lavoro serio e meticoloso. Ora però basta chiacchiere. La palla a spicchi è pronta per essere lanciata in aria e solo la mano che arriverà più in alto potrà toccarla e dare il via alle danze. E in quel momento in campo ci saranno cinque leoni affamati, perchè di gloria non si è mai sazi.

venerdì 23 marzo 2012

"Omegna c'è!". Alzala Picazio, alzala!

(foto Alberto Ossola)

Non poteva esserci gioia più grande in questo weekend tutto dedicato alla Final Four di Coppa Italia. “Omegna c’è” recita lo slogan impresso con colori rossoverdi su quella maglietta candida che ha invaso, letteralmente, gli spalti di un PalaBorsani stracolmo. Ma andiamo con ordine. Iniziamo con calma a ripercorrere questi due giorni di passione intensa. E non mi soffermerò sul piano tecnico per descrivere l’emozione che questa squadra regala a tutti noi, ci hanno già pensato altri.

Quello che vorrei capisse chiunque si trovasse a rileggere l’epopea di questa conquista è la passione che trasuda da ogni poro di chiunque di noi, di voi, abbia partecipato con il proprio calore alla conquista di un trofeo che forse in pochi, ad inizio stagione, pensavano di poter riporre su una bacheca fatta ad hoc. Lo ribadisce il patron di questa squadra delle meraviglie, Ugo Paffoni, visibilmente soddisfatto ed emozionato, che dopo aver ricordato il batticuore nel momento in cui è suonata la sirena, si sofferma sulla quasi incredulità, ex post, nel vedere proprio la sua squadra sollevare l’ambito trofeo. “Sapevo di avere una squadra forte, ma non mi aspettavo così tante vittorie” e intanto si lascia andare ai festeggiamenti insieme ai suoi giocatori, insieme ai tifosi che l’hanno seguito nella sua Omegna per un brindisi corale. Una coppa che mette un sigillo importante a questa cavalcata trionfale di metà stagione e che potrebbe essere, come sottolinea lo stesso patron “il primo di molti altri traguardi!”. Tornando al parquet sul quale i nostri ragazzi si sono prodigati in azioni spettacolari, battendo prima Trento e poi Torino, la cornice di pubblico dei due giorni è stata quel tocco in più che ha sicuramente fatto sorridere le casse legnanesi, ma che ha dato un sostegno instancabile a Picazio e compagni. Soprattutto nella finale. La partita di regular season appena giocata al PalaRuffini faceva sentire ancora la sua forte eco:  due supplementari per avere la meglio sulla squadra di Faina. Ma la finale è una gara a sé e la Paffoni è partita in quarta, lasciandosi alle spalle i torinesi da subito. Solo nel terzo quarto la squadra di Faina ha provato a rialzare la testa, ma i ragazzi di Di Lorenzo non hanno ceduto di un solo canestro alle offensive avversarie e anzi, hanno costruito un ultimo periodo quasi perfetto, che poi ha consacrato anche Casadei come MVP del torneo. Si, perché la stampa che ha affollato la tribuna dedicata al PalaBorsani è rimasta fortemente impressionata dalla prestazione corale della Paffoni. I commenti positivi, gli elogi sono stati distribuiti, a seconda delle situazioni di gioco, ai ragazzi in rossoverde, ma su tutti sono stati due i nomi più gettonati: perché se Casadei ha sollevato il trofeo personale, è apparso lampante agli occhi di tutti, il talento puro del nostro Bertolazzi, autore di una gara quasi impeccabile nel ruolo più delicato. Deus ex machina della vittoria, quasi allenatore in campo, dotato anche di colpi che sfruttando il linguaggio cinematografico definiremmo effetti speciali, che ha dettato ogni singolo atto di una partita che rimarrà nella storia. E questa vittoria arriva in un momento chiave della stagione, in un momento particolare anche per un elemento importante di questa società. Coach Di Lorenzo, quando si trova a parlare del momento più emozionante della vittoria lo sottolinea: “Il mio abbraccio con Gianluca Trentini”. L’addetto stampa della Paffoni, lo speaker che con la sua voce, la sua energia, trascina il palazzetto durante le gare casalinghe ha vissuto nei giorni scorsi il momento più tragico. La prematura scomparsa della sua cara mamma, Emanuela, l’ha proiettato in questo evento con un peso sul cuore. Ecco allora che questa vittoria, questa grande emozione, questo abbraccio che attesta il grande affetto di un uomo di sport e di tutti noi nei suoi confronti, deve essere l’ennesimo punto fermo da cui ripartire.

E le ultime righe a disposizione le voglio dedicare agli oltre seicento cuori rossoverdi: una cornice degna di platee importanti, eterogenea, festante, emozionante. Grandi e piccini, un muro bianco tra i colori presenti al palazzetto. Un tocco di colore dato dalle sciarpe, dai palloncini colorati, dalle voci sollevate in cielo per sostenere i propri eroi. E al momento della premiazione, con l’Inno di Mameli in sottofondo, un miscuglio di lacrime e risa, tutti sul parquet ad abbracciarsi, a toccare con mano il metallo luccicante del trofeo, a rubare strette di mano ed autografi. “Omegna c’è”, dicevamo e la Coppa Italia sollevata da Picazio  tra gli applausi, ne è la prova.

giovedì 8 marzo 2012

Io, Donna, che amo questo sport “maschio”

Improvvisamente anche il calcio si declina in  una sfumatura rosa, in concomitanza con quella che, istituzionalmente, è la giornata dedicata alle donne.
Ma le donne, che come me amano in modo incondizionato questo sport e soprattutto questo benedetto, maledetto lavoro, non hanno bisogno di un giorno, di una festa, per sentirsi parte di questo mondo che, in parole provocatorie, descrivo “maschio”.
Questo perché le difficoltà che ogni giorno ci troviamo ad affrontare, ci portano a dover mettere ancora più energia nello sgomitare contro i pregiudizi che ci accompagnano. E non è un luogo comune, mentre lo è il fatto che la donna, nel calcio, possa essere solo un contorno.
Eppure il movimento calcistico è zeppo di figure femminili che instancabilmente si dedicano con passione al loro lavoro, ma tutto questo viene considerato come qualche cosa di ancora stonato, come una presenza a volte infastidente, dai “signori, maschi”, del calcio.
Siamo nell’era post-moderna, viviamo in una società però ancora ancorata all’età della pietra, con i suoi futili pregiudizi, con tutti i suoi limiti che sembrano ai più obsoleti, ma che nessuno cerca di superare.
Amo il calcio, sono donna: e allora?
Proprio in questa giornata in cui da più parti si levano voci che formano il coro della tolleranza, si tolleranza, avete capito bene, la mia voce si leva per cercare invece di scuotere le menti che ancora ritengono inutile o inopportuno il nostro lavoro.
Non veniamo prese in considerazione per scelta, non per incompetenza, perché siamo un elemento di disturbo alla normale vita professionale che si svolge sui campi.
Qualcuno riesce a darmi una spiegazione plausibile a questa discriminazione? (per fortuna non universalmente diffusa).
La maturità della società in cui viviamo, viene valutata anche nelle piccole sfumature. Ma questa condizione è molto più simile ad una linea netta, che indica un limite, per qualcuno invalicabile.
In questo giorno in cui, per molti, abbiamo il diritto di parlare anche noi, biblicamente nate da una costola maschile, voglio alzare la voce, per affermare ancora una volta che sono stanca, stufa, indignata di essere considerata solo una presenza scomoda. Amo il calcio, dedico a questo sport ogni attimo del mio tempo, dedico a questo mondo ogni energia a mia disposizione. Ditemi che non ho la competenza per parlarne, se questo è un giudizio oggettivo. Ma non ditemi che non posso farlo perché sono una donna.

Quando una lingua non ha abbastanza parole per descrivere l'emozione!

Non bastano le migliaia di parole presenti nella nostra ricca lingua per descrivere l'emozione di ritorno da una vittoria al  cardiopalma consumata al Palaruffini di Torino.    Un attimo: rewind!
L'ennesimo successo della Paffoni Fulgor Omegna e dei suoi eroi, autentici guerrieri scesi in campo su un parquet caldissimo ancora prima della palla a due che decreta l'inizio della gara. Un botta e risposta continuo, tanto che non bastano i tempi regolamentari per decretare il vincitore. Ci vogliono anzi due overtime per far assaporare alla Paffoni quella vittoria che vale non solo i due punti in palio, ma addirittura il titolo di campione della propria Divisione con molte giornate di anticipo. La partita giocata sui nervi contro un avversario di livello, che tra le sue fila aveva di certo un leader maximo, in grado di siglare ben 38 punti personali. Ma i nostri lupacchiotti non appena hanno visto la luna salire dalle montagne torinesi hanno ululato ancor più forte. Trascinati dalle qualità individuali ma soprattutto uniti come un gruppo unico come questo solo sa fare. Una macchina che si muove perfetta, dove ogni singolo ingranaggio ha il suo momento e il suo compito. E ancora una volta il miracolo che si realizza. I nervi sono saltati al Torino nel finale. I ragazzi di casa dopo essersi guadagnati, con un parziale impeccabile in pochi secondi di distanza dalla sirena dell'ultimo quarto, il primo overtime, a tratti sembrano più lucidi e trascinati dall'ultimo canestro che è valso il pareggio. Ma Bertolazzi e compagni non sbagliano e tirano furoi gli artigli, i canini e tornando ad ululare alla luna, a sette secondi dal termine trovano la tripla che rimette tutto in parità. E nell'ultimo supplementare i ragazzi di Di Lorenzo salgono in cattedra, non senza regalare qualche altro sospiro ai tifosi presenti sugli spalti, non senza provocare manate nei capelli da parte degli avversari. Gocce di sudore caldo, sulle guance dei nostri eroi e una folata di gelo nella schiena degli avversari ormai pronti alla resa. Un risultato frutto di una tenacia insistita, con gli occhi costantemente fissi sull'avversario, con la sfrontatezza di riuscire a rubare palla a chi, agari con molti più centimetri, pensava di essere inarrivabile. Un grazie di cuore a tutti voi, atleti meravigliosi, ragazzi semplici, che con il vostro sorriso e il vostro impegno ci fate sentire ancora una volta parte di qualche cosa di grande, che ci fate vivere l'emozione di sentirsi santi per un giorno, ad un passo dal paradiso degli immortali. E il mio grazie personale va a quel giocatore che con le sue movenze ha fatto scattare in me una scintilla, che con la sua passione trascina i compagni, che con le sue indicazioni in campo diventa quasi un altoparlante a disposizione del coach, che i suoi compagni seguono senza battere ciglio. A te eroe di mille battaglie tutto il mio affetto, per regalarmi ogni volta qualche cosa di grande.

domenica 12 febbraio 2012

Storie di Uomini, Dei ed Eroi

Ci sono giornate che passano senza che tu te ne accorga, Ce ne sono altre che invece andrebbero vissute continuando a schiacciare il tasto rewind. Oggi è una di quelle giornate speciali, in cui tutto sembra essere lì apposta per regalare emozioni che, per riviverle continuamente, io devo fissarle, oltre che nella mente, anche nero su bianco. Scripta manent...d'altronde quale titolo più azzeccato per il mio blog.
E tralasciando le cronache calcistiche, che posso sviscerare in uno dei miei prossimi pezzi ufficiali, sono nuovamente qui per sottolineare la prestazione maiuscola di un gruppo di ragazzi, atleti straordinari, ma anche uomini con una forza che si sprigiona e riesce a raggiungere obiettivi che ormai sembravano andati perduti.
Era freddo il palazzetto, intirizzito come a camminare per una delle vie della città, stasera. I ragazzi erano partiti male, svantaggio a doppia cifra che sembrava far prevedere il peggio. Ma poi no. Gli eroi si sono destati, gli dei han deciso di collaborare e gli uomini hanno realizzato l'impresa. Già, la famosa storia degli Uomini, degli Dei e degli Eroi, che quando si radunano nello stesso posto e con lo stesso obiettivo scrivono la storia. I miti e le leggende traboccano di interpreti che raggiungono gli allori anche quando ormai la vittoria sembra ormai destinata a scemare. Sono andati in scena tutti stasera, ognuno col suo talento, ognuno con i suoi sbagli anche, che però sono stati la leva con cui risollevare il mondo. Casadei, con quel modo tutto suo di palleggiare e correre verso il canestro: ventisei i punti siglati su un parquet che piano piano diventava rovente. Picazio, con il piglio da capitano che detta i ritmi insieme all'immancabile, indomito Bertolazzi, bersaglio degli avversari: il top player da non far giocare, da imbrigliare in una sorta di gabbia umana costellata di trappole: sangue e arena, stasera, sul parquet. E che dire di Saccaggi, Paci, Scomparin, Tourè, Masciadri e del ritorno in campo, di fronte al pubblico amico, di Franco Prelazzi, altro gigante buono che contro il Davide biblico ha questa volta avuto la meglio.Trento aveva iniziato e continuato forte, ma poi la magia della squadra, del gruppo, di un coach costantemente in piedi a suggerire passo dopo passo la mossa vincente, hanno avuto la meglio. Hanno scaldato il palazzetto. Un'ovazione continua nell'ultimo quarto, ultras, bambini, donne e semplici appassionati, tutti insieme ad urlare forte il nome della Fulgor, che piano piano ha ripreso coscienza di sè, ha radunato le forze ed è esplosa.
Una vittoria al cardiopalma, una di quelle che ti segnano nell'intimo, che ti prende la testa e il cuore, che diventa respiro affannoso e voce rotta dall'emozione quando si realizza. Un gruppo di Uomini, diventati Eroi, che percorrono la salita all'Olimpo per essere incoronati Dei.

(foto: Alberto Ossola)

giovedì 2 febbraio 2012

Tieni duro....

Queste le parole che han chiuso la serata di ieri. Ospite grazie alla mia amica Federica e al suo Verbano Calcio a Sky Calcio Show. Una banalità forse, per alcuni, ma per me un modo per scoprire altri innumerevoli aspetti, piccole sfaccettature del mondo del giornalismo sportivo, del mio amato calcio. E la sorpresa più bella o, forse, la conferma più attesa è stata quella di vedere la professionalità di una donna splendida al servizio, se così si può dire, del calcio.
Troppo facile cadere nell'adulazione: Ilaria D'Amico è obiettivamente splendida. Su questo credo che in pochi possano disquisire. Ma soprattutto è brava. Non una sbavatura, non un attimo di silenzio nel marasma della serata calcistica di ieri, anche di fronte agli sfoghi di Mazzarri, alle parole dure del presidente De Laurentiis, un discorso solare, fatto sempre con il sorriso, come televisione impone. Ma ci vuole arte e classe anche in questo. Io, che nel pre-puntata mi sono fatta immortalare di fronte al logo del programma come una scolaretta alle prime armi, impacciata come sempre di fronte all'obiettivo, perchè ora vedermi in foto proprio non mi piace nemmeno un po', ma felice di poter respirare un po' dell'aria di quel mondo che per me è quasi magico, che fa parte di un sogno e che forse sogno resterà per sempre.
Eh già, il sogno.... Le aspettative riposte in questa professione vanno pian piano svanendo. Ma le parole "Tieni duro", anzi, "Tenete duro" visto che erano rivolte anche a Fede, in un certo senso mi lasciano uno spiraglio di speranza al quale, lo so, cercherò ancora una volta di aggrapparmi. Una donna nel calcio, anzi, ancora una volta, due donne nel calcio oserei dire, visto che io e la mia più giovane collega sgomitiamo quotidianamente per venir accettate come professioniste e non per essere commentate in qualche modo come donne.
Un mondo che ancora è troppo colmo di pregiudizi nei nostri confronti, suffragati non molto tempo fa anche dalle parole di un ennesimo maschio che, probabilmente per sentirsi maggiormente affermato, sottolinea quanto stoni la presenza femminile in un ambiente che lui e ancora troppi, considerano prettamente maschile.
Noi non siamo delle veline, senza nulla togliere ovviamente a chi la velina la fa per professione, non siamo alla ricerca di chissà quale emozione all'interno dei corridoi che portano agli stadi, a quelle stanze impenetrabili in cui la tecnica del calcio viene messa in atto. Siamo donne che amano questo sport, siamo donne a cui piace raccontare questo mondo, con le nostre parole, grazie alla passione che ci porta anche quotidianamente sui campi minori, di fronte alle intemperie e alle condizioni precarie che dobbiamo tuttavia affrontare. Nulla di strano dunque se questo percorso viene fatto dai colleghi "maschi", ma quando tocca a noi la fatica e l'energia da dover spendere per essere accettate come professioniste è sicuramente maggiore. E allora ben venga quando un'altra donna, una di quelle che ce l'ha fatta, insieme alle tante che per bravura hanno ormai un posto riconosciuto nello stesso panorama, ti dice "Non mollare, tieni duro". La fatica si affronta meglio quando senti che intorno a te qualcuno ti stima. La competenza e la professionalità, grande o piccola che sia, esaustiva o ancora in formazione, con cui ci approcciamo a questo mondo non deve per forza di cose essere riconosciuta da tutti, ma non è giusto che venga negata affidandosi solo al pregiudizio. Le battute al limite della decenza, gli ammiccamenti, le parole che vanno ad offendere la nostra passione sinceramente mi scivolano addosso, ma capita che a volte gli eventi ti facciano desistere. E allora il "tieni duro" è una spinta in più, è la forza motrice che consente, anche a chi crede di aver perso il controllo sulla propria strada, di rimettersi in carreggiata e avanzare a passo deciso verso l'obiettivo.

mercoledì 18 gennaio 2012

Nebbia, nebbia, nebbia!

(foto di Paolo Colombo) Se ripenso al  derby di domenica, non ripenso alla delusione del post gara, per la partita persa. Non ripenso nemmeno alle emozioni provate, come ogni volta che mi siedo in quella tribuna stampa, che con lo stadio gremito è ancora più imponente. Mi ricordo l'angoscia provata al rientro immersa nella nebbia.
E proprio la nebbia sembra essere la giusta metafora per questo mio scorcio di vita, che giorno dopo giorno appare ai miei occhi sempre più sfocata. Una nebbia che copre ciò che mi circonda, facendomi dimenticare cosa ho intorno e a volte, chi sono.
Nebbia che nasconde anche le cose più brillanti, facendo cadere tutto nel vago, cancellando i contorni nitidi a favore di giochi d'ombra che possono confondere.
Immersa nella nebbia, al volante della mia macchina, ho provato a riconoscere nell'opaca notte che avevo di fronte, dei punti di riferimento.
Gli stessi che nella mia vita attuale sembrano essere svaniti nel nulla. Desideri, obiettivi, ambizioni. Tutto coperto da una coltre di nebbia scura, che sembra non volersi diradare da qui a poco. E la confusione, il disorientante sentimento che provo di fronte al futuro, sembrano non volermi lasciare. So che attorno a me ci sono mille strade, ma non riesco a vederle con il giusto anticipo per poterle imboccare. Poi però, domenica, ad un certo punto i fari della mia macchina hanno sfondato quel muro, che piano piano si è diradato, restituendomi la normale visione del percorso da compiere.
Ecco dunque che corro veloce, per cercare di arrivare quanto prima a quel punto, per tornare a vedere chiaramente il mio percorso, per tornare a sperare in qualcosa, qualsiasi cosa. Ma per ora, attorno a me...solo la nebbia.